LA PROVA DELLA QUALITA’ DI MEDIATORE PROFESSIONALE:UNA QUESTIONE DOCUMENTALE SEMPLICE, MA PROCESSUALMENTE INTRICATA

La vicenda da cui trae origine questo breve scritto vede coinvolte principalmente due parti, A e B.

A esercita attività di mediazione immobiliare e riceve da B l’incarico di procurare l’acquisto di un immobile.

L’incarico prevede che – alla comunicazione dell’accettazione della proposta d’acquisto dell’immobile da parte del venditore – B riconosca ad A la provvigione.

A svolge l’attività di mediazione come da incarico ed il venditore accetta formalmente la proposta di acquisto di B.

L’affare si arena appena prima della sottoscrizione del contratto preliminare di compravendita e finisce nel nulla.

B non paga la provvigione ad A.

A propone ricorso decreto ingiuntivo, deducendo di svolgere professionalmente attività di mediazione, indicando numero di partita IVA, la sede e basandosi su vari documenti, tra cui la propria fattura.

Ottenuto il decreto ingiuntivo, A lo notifica a B.

B propone opposizione sulla base di questioni di merito relative all’incarico, ai rapporti tra le parti, a presunti inadempimenti di A.

Si costituisce A, contestando e replicando puntualmente. Il processo prosegue nel contraddittorio sui medesimi punti sino al deposito delle comparse conclusionali.

In tale sede, B eccepisce per la prima volta la mancanza di prova dell’iscrizione di A al ruolo di cui alla Legge n. 39 del 1989 che, dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 59 del 2010, deve intendersi sostituito dall’iscrizione presso la Camera di Commercio o il REA, ritenendo che l’eccezione di nullità del contratto per la mancanza di tale iscrizione costituisca un’eccezione in senso lato rilevabile d’ufficio anche in appello.

A supporto di quanto argomentato, B cita pronunce della Corte di Cassazione (numeri 20749/2004, 10350/2020) e di Giudici di merito.

Con tale eccezione B vuole liberarsi da qualsiasi obbligo di pagamento nei confronti del mediatore A.

A offre prova dell’iscrizione in Camera di Commercio in memoria di replica e argomenta:

  1. di aver in ogni sede allegato di esercitare l’attività di mediatore immobiliare e di aver prodotto a fondamento dell’azione la fattura, emessa a titolo di provvigione per la mediazione, nella quale sono indicati i dati identificativi dell’impresa (nome, sede, codice fiscale e partita iva);
  2. che B si è opposto a decreto ingiuntivo tenendo un comportamento processuale da cui risulta in maniera univoca che il rapporto tra A e B era del tutto valido ed efficace, basato su un contratto perfetto, sottoscritto con un mediatore professionale munito di ogni necessaria qualifica/autorizzazione, circoscrivendo la materia del contendere all’interpretazione di questioni di merito;
  3. che la condotta in giudizio tenuta da B (e per condotta intendendosi la narrativa dell’opposizione, quanto a verbale d’udienza, le conclusioni) è del tutto incompatibile con l’idea che il rapporto tra le parti sia invalido;
  4. che la Corte di Cassazione ha a più riprese affermato – si vedano Cass. Civ. nn. 17482/2020 e 10350/2020 – che l’iscrizione di cui sopra costituisce condizione dell’azione del mediatore per la richiesta del pagamento della provvigione. Sempre secondo la Giurisprudenza suddetta (e guardando agli antefatti processuali da cui si è originata, indicati nei provvedimenti), tale aspetto è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado e, una volta sollevato, la produzione dei relativi documenti a riprova non è soggetta alle preclusioni processuali ordinarie, ma può avvenire in corso di causa sino alla pronuncia sulla lite;
  5. che, infatti, Cass. Civ. n. 17482/2020 afferma: “la sussistenza del requisito dell’iscrizione dell’agente nel relativo albo…era rilevabile d’ufficio pure in sede di appello e la sua esistenza era comprovabile ammissibilmente anche mediante la produzione in appello dell’inerente documentazione. A tal proposito occorre, infatti, nuovamente rimarcare che l’esistenza di detto requisito non integra propriamente un presupposto della domanda, bensì una condizione dell’azione, la cui prova può intervenire anche in corso di causa e sino al momento della decisione della lite. Da ciò, consegue che – per un verso – la carenza del relativo documento è rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ma – dall’altro verso – che sia l’allegazione, che la documentazione della sua esistenza, si sottraggono alle preclusioni che regolano la normale attività di deduzione e produzione delle parti e possono quindi avvenire anche nel corso del giudizio di appello, purché prima della relativa decisione”;
  6. che, infatti, Cass. Civ. n. 10350/2020 afferma: “Il primo giudice aveva riconosciuto che l’eccezione di nullità del contratto per mancata iscrizione della società al ruolo dei mediatori fosse stata sollevata solo con la comparsa conclusionale, aggiungendo che l’opposta aveva dato la prova della iscrizione indicando il numero nella memoria di replica, cui aveva allegato la visura CCIAA, che riportava lo stesso codice. Secondo la corte d’appello tale valutazione era corretta, avendo il mediatore dimostrato in corso di causa, per documenti, che la società era iscritta al ruolo agenti”.

Il Tribunale di Genova, con Sentenza del 28 settembre 2021, rigetta in toto l’opposizione di B e, per quanto di nostro interesse, afferma la tardività e l’infondatezza dell’eccezione di carenza di prova della qualità di mediatore professionale di A.

Il Giudice rileva innanzitutto che:

  1. A ha allegato di esercitare l’attività di mediatore immobiliare e ha prodotto a fondamento dell’azione la fattura, emessa a titolo di provvigione per la mediazione, nella quale sono indicati i dati identificativi dell’impresa (nome, sede, codice fiscale e partita iva);
  2. B non ha in alcun modo specificamente contestato la natura di mediatore immobiliare di A ed ha invece assunto, in sede processuale, posizioni e formulato argomentazioni/eccezioni/tesi difensive nelle quali ha di fatto ammesso, almeno implicitamente, che A svolge e nell’occasione ha svolto il ruolo di agente e mediatore immobiliare;
  3. la mancata specifica contestazione da parte di B dell’iscrizione di A (circostanza di fatto) ha sollevato il convenuto opposto A, attore sostanziale, dall’ onere di provare tale fatto storico ex art. 115, primo comma, c.p.c. atteso che la contestazione da parte di B doveva intervenire nei termini previsti per il compimento delle attività processuali deduttive/assertive consentite dall’ art. 183 c.p.c., risultando preclusa all’ esito della fase di trattazione ogni ulteriore modifica determinata dall’ esercizio della facoltà deduttiva ( con rinvio a Cass. Civ. n. 31402/2019; Cass. Civ. n. 6172/2020; Cass. Civ. n. 3680/2019; Cass. Sez. Lav. n. 11115/2021);
  4. anche in materia di mediazione la “non contestazione” del convenuto costituisce un comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’ oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato acquisito al materiale processuale e, dovrà, perciò, ritenerlo sussistente, anche in relazione all’eccezione/contestazione concernente la mancata iscrizione del mediatore nel relativo albo professionale, se proposta soltanto in comparsa conclusionale (con rinvio a Cass. Civ. n. 15658/2013 e Cass. Civ. n. 20556/2021);
  5. se fosse considerata ammissibile l’eccezione formulata in comparsa conclusionale, il documento allegato alla memoria di replica potrebbe e dovrebbe essere considerato ammissibile perché prodotto nella prima difesa utile successiva alla contestazione tardiva (con rinvio a Cass. Civ. n. 10350/2020).

A fronte di tale pronuncia non veniva proposta impugnazione.